Il profumo un po’ pungente delle olive appena spremute riempie l’aria non appena varcati i cancelli del frantoio. E’ buono, sa di genuino, di campagna, di tradizione. Sa di Abruzzo. L’Abruzzo che in questo weekend appena trascorso ha proposto un’eccellenza della sua produzione agroalimentare: l’olio extravergine di oliva, con l’iniziativa “Frantoi aperti“, che si ripeterà in Valle Roveto il 16 e il 17 novembre prossimi.
Nel triangolo d’oro del Pescarese (Pianella-Moscufo-Loreto), tra i frantoi che hanno accolto i visitatori , c’è quello della Cooperativa Agricola Plenilia, con sede a Pianella, nata nel 1961, 100.000 piante di olivo a disposizione di 250 soci che curano gli oliveti con tanta passione. Plenilia fa parte del consorzio di tutela DOP Aprutino Pescarese e commercializza esclusivamente olio extravergine di oliva (extravergine, DOP, biologico, aromatizzato) ottenuto con impianti all’avanguardia sia nell’uso di sistemi tradizionali a pressa sia dei più moderni impianti a ciclo continuo.
“Quest’anno il clima siccitoso non ha consentito alle piante di avere tutta l’acqua di cui avevano bisogno” spiega il presidente della Cooperativa, Gianfranco D’Addario, consigliere nazionale Unaprol (Consorzio Olivicolo Italiano) e preziosa guida nel frantoio “Ciò ha causato una minor quantità di prodotto e un flavor meno intenso”.
Nel frantoio a ciclo continuo si produce incessantemente, mentre il presidente ci guida alla scoperta delle varie fasi di lavorazione delle olive, illustrandoci le caratteristiche del prodotto e del territorio.
” La varietà di olivo che caratterizza il Pescarese è la dritta, il tortiglione è quella del teramano, la rustica è dell’aquilano e infine la gentile è del Chietino, la provincia più olivetata d’Abruzzo” spiega. “Ogni varietà produce un olio con un profumo e un sapore diverso”.
Una volta terminata la raccolta delle olive, il prodotto viene portato nei depositi e sottoposto alla prima fase di lavorazione, quella della defogliazione necessaria perchè troppe foglie nel ciclo causerebbero un eccessivo quantitativo di clorofilla squilibrando l’olio. Le foglie, una volta separate, vengono utilizzate per concimare i terreni.
Si passa quindi alla fase del lavaggio delle olive che entrano successivamente nel ciclo continuo, dove avviene prima la frantumazione con il frangitore poi la gramolazione, una sorta di mescolamento della pasta oleosa ad una temperatura al di sotto dei 27° che fa sì che sull’etichettatura del prodotto si possa scrivere “spremitura a freddo”. “Con questo tipo di lavorazione” spiega D’Addario “otteniamo meno prodotto ma qualitativamente più elevato”.
Conclusa la gramolazione, si passa all’estrazione, fase in cui si separa l’olio dalla sansa e dall’acqua. “Mediamente” aggiunge D’Addario ” da 100 kg di olive otteniamo 50 kg di acqua, 35 kg di sansa e 15 kg di olio. La fase successiva, quella della centrifuga, separa ulteriormente l’acqua dall’olio. La sansa viene consegnata al sansificio mentre l’acqua si usa per la fertirrigazione”.
L’olio è quasi pronto, deve soltanto “riposare” in alcune cisterne che hanno la capacità di 200 quintali l’una, dove resta per una ventina di giorni, periodo in cui le particelle impure, più pesanti, si depositano sul fondo. Viene quindi di nuovo filtrato e immesso in altre cisterne, a seconda della filiera, dove è pronto per essere imbottigliato.
“Le filiere sono tre” continua D’Addario. “Quella del Tracciato, di cui fanno parte circa 150 produttori che vengono seguiti dalla fase della potatura alla raccolta. Le olive entrano in cooperativa tracciate. Sulle etichette delle bottiglie di questo tipo di olio si trova un numero. Chi lo digita riceve un SMS su cui è riportata la carta d’identità del produttore. La filiera DOP, che raggruppa 90 produttori, rappresenta il nostro territorio mentre la BIO (senza pesticidi e concimi chimici) è rivolta a famiglie e bambini. In questa filiera rientra un olio che abbiamo prodotto specificatamente per i bambini, l’unico in Italia biologico e non comunitario, con un’elevata quantità di polifenoli e vitamine”.
Ecco il primo assaggio, l’olio è denso e profumato, quasi una crema, bastano poche gocce per insaporire il pane e dargli quel gusto di buono e sano che è tipico di ciò che viene prodotto in maniera semplice, con un unico ingrediente, le olive, a cui si aggiunge l’attenzione per la qualità.
“L’olio abruzzese è eccellente, ma poco valorizzato” sottolinea il Presidente D’Addario. “Scontiamo gli errori di una scarsa attenzione da parte della politica dal dopoguerra ad oggi. La Toscana, ad esempio produce un quantitativo di olio inferiore a quello dell’Abruzzo ma vende 200 volte di più dell’Abruzzo. Lo stesso fa l’Umbria. In queste regioni è stata attuata una politica che ha legato il prodotto al territorio valorizzandolo”.
L’Olio Re della Plenilia, attraverso la partecipazione a fiere mirate come Sol di Verona, Cibus di Parma e Tuttofood di Milano, si sta facendo conoscere anche se, inevitabilmente, risente della crisi. “Il nostro zoccolo duro è costituito da clienti privati, ” spiega D’Addario ” ma il quantitativo dell’olio acquistato è molto diminuito. Prima un nostro cliente ne comprava fino a 100 kg, oggi si ferma a 20/30 kg. Non c’è più la cultura di fare la provvista come una volta e poi non c’è denaro. Altri che acquistano da noi sono negozi, ristoranti e gas, gruppi di acquisto solidale. Poi c’è la grande distribuzione come la Gabrielli, la Sisa, la Despar, la Coop nord-ovest, Billa, Esselunga, la grande I, e tante altre.”.
Certo, l’olio di qualità costa un po’ di più e subisce la concorrenza di oli che vengono venduti a prezzi stracciati ,soprattutto nei periodi in cui si possono acquistare in offerta. Ma cosa c’è nella bottiglia che paghiamo 3- 4 euro?
“Oggi il mercato è governato dalle multinazionali, quello dell’olio è il più inflazionato. La produzione italiana è di circa 500.000 tonnellate, il nostro fabbisogno è di 750.000 tonnellate. Delle 500.000 prodotte, circa 300.000 vengono vendute all’estero. Come viene coperto il fabbisogno? Da oli comunitari e extracomunitari che non garantiscono la qualità. Anche in quelli su cui c’è scritto 100% italiani ci possono essere olive che provengono dall’estero” afferma D’Addario. “Una bottiglia di olio che costa 3-4 euro non può essere di qualità. In commercio, purtroppo ci sono degli oliacci, che vengono lavorati chimicamente in raffineria per diventare neutri. Poi ci si aggiunge un pochino di olio extravergine e si ottiene un prodotto che può essere etichettato come olio extravergine, ma che è veramente scadente. Attualmente stiamo portando avanti un progetto che prevede la realizzazione di una banca dati che consentirà di verificare con quale varietà di olivo è stato prodotto un olio. La metteremo a disposizione degli organi di controllo e degli istituti che avranno così la possibilità di capire che tipo di olio è contenuto in una bottiglia. “.