La variante pescarese e quella vastese. Buone e apprezzate entrambe, ma con piccole differenze negli ingredienti che ne cambiano, seppur di poco, il sapore. Il piatto è il brodetto di pesce, un classico della tradizione culinaria abruzzese, che ritrova la sua storia nella abitudini della marineria, ma che si trasforma, di chilometro in chilometro, in un viaggio ideale lungo la costa. A “raccontarlo”, con approfondimenti sulle origini e le tradizioni,con suggerimenti ed aneddoti, è stato lo chef Ermanno Di Paolo, docente della scuola di cucina ReD, nel corso di un cooking show in piazza Salotto, a Pescara. L’occasione, la rassegna Arte in Centro, che ha proposto un incontro tra gastronomia, arte e filosofia.
La storia del brodetto di pesce
“Per capire le origini del brodetto di pesce pescarese” – ha spiegato Di Paolo, “bisogna tornare ai tempi in cui l’armatore regalava la scafetta al proprio equipaggio e all’impossibilità di portare a bordo il pomodoro fresco. Venivano quindi utilizzati il peperone secco, per insaporire il pesce, e il pane, che non mancava mai e che veniva usato come scodella. Oggi il pomodoro è diventato l’ingrediente essenziale, insieme al nostro ottimo olio extravergine di oliva e a cinque, sei tipi di pesce”.
Lo chef ha quindi preparato le due versioni di brodetto servendosi, come da tradizione, del tegame di coccio. Diverse le tipologie di pesce che sono alla base dei due piatti: pannocchie, seppie (che lo chef ha preferito ai calamari), il pesce prete, lo scorfano, la pescatrice, la razza, la sogliola, la tracina, lo scampo, con un’aggiunta finale di cozze e vongole.
“Nella versione pescarese” – ha proseguito Di Paolo – “ho utilizzato pomodoro fresco di qualsiasi tipo, privato della buccia e tagliato a cubetti, olio extravergine di oliva, peperone fresco, aglio tagliato a lamelle. Ho fatto cuocere la salsa e poi ho aggiunto gradualmente seppie, pannocchie, scampi e i pesci, valutando la loro durezza e la grandezza. Il brodetto deve poi cuocersi per almeno 20-25 minuti dalla ripresa del bollore perché la salsa deve diventare piuttosto densa. Nella versione vastese, vengono utilizzati più vegetali rispetto a quella pescarese e il pomodoro deve essere di un solo tipo, il mezzo tempo. Questa differenza è legata alla storia del brodetto vastese, nato nell’Ottocento, con l’arrivo del pomodoro in cucina. Il pescatore, di ritorno dalla costa, aveva l’abitudine, a quei tempi, di barattare con il contadino pesci della scafetta con prodotti dell’orto. La ricetta, per questo motivo, prevede, oltre al pomodoro mezzo tempo, l’utilizzo di prezzemolo, sedano, basilico, peperone verde, aglio e, naturalmente, olio extravergine di oliva. Il brodetto vastese, inoltre, è meno cotto rispetto a quello pescarese e la salsa è meno densa”.
Un breve accenno, nel corso del cooking show, anche alla variante giuliese, in cui viene aggiunto alla fine peperone verde tritato, e alla sanvitese, su cui lo chef si è soffermato riportando un aneddoto. “Mi ha raccontato una signora del posto che una volta, quando c’era poco pesce nei periodi di burrasca, si mettevano nel brodetto sassi degli scogli per insaporirlo” – ha concluso Di Paolo. “I marinai non facevano altro che utilizzare sapientemente gli ingredienti a disposizione e quando non li avevano, trovavano un rimedio perché non esistevano gli insaporitori”.
Cibo, luoghi e cultura
Il viaggio gastronomico della scuola di cucina ReD è stato preceduto ed accompagnato, nel corso della serata, dagli interventi dell’artista genovese Luca Vitone, del filosofo Gianni Garrera, ospiti della rassegna Arte in centro, che hanno analizzato il legame tra cibo, luoghi, geografia e cultura.
“Cucinare il cibo è come rappresentarlo, solo che si hanno responsabilità diverse” – ha affermato Vitone. “Chi lo cucina ha quella dell’immediato, di rapire il gusto del commensale, anche se poi ne resta solo la narrazione. Chi lo rappresenta, invece, ha la responsabilità di qualcosa che rimane nel tempo. Sono molto goloso” – ha aggiunto – “e per questo motivo ho fatto diventare il cibo mezzo di espressione artistica, tema del mio lavoro”.
“Nel conflitto fra contemplazione di un’opera d’arte e la consumazione di un cibo” – ha detto Garrera, “la filosofia moderna è stata capace di trovare una sintesi nel momento in cui considera la preparazione consapevole di un piatto, la sua condivisione, come una sorta di pittura del paesaggio fatta con gli ingredienti, con le sue reali erbe, radici e ricchezze”.
All’evento ha partecipato anche Simone Ciglia, curatore della mostra “Vita Activa, Figure del lavoro nell’arte contemporanea” in corso a Pescara, presso il Palazzetto Albanese, fino al 14 settembre prossimo. “L’incontro tra tradizione culinaria, arte e filosofia” – ha concluso, “deve essere contestualizzato con il lavoro di Luca Vitone, che riguarda varie forme di espressione ed è sintomatico dell’arte contemporanea, che viene utilizzata per toccare tanti campi diversi, tra cui la gastronomia”.
La cucina, un valore culturale del territorio
Soddisfatta della partecipazione all’evento Elena Petruzzi, presidentessa della Fondazione Aria, tra le realtà culturali che hanno promosso Arte in Centro, il network nato per riunire, nel segno della cultura contemporanea, borghi e città d’Abruzzo e Marche, al fine di promuovere l’arte e le specificità paesaggistiche, ambientali, urbane, ma anche storiche ed enogastronomiche, attraverso una serie di iniziative partite nel mese di luglio.
“ In queste iniziative abbiamo un fortissimo legame con il territorio ” – ha detto Elena Petruzzi, “La Fondazione Aria ha sempre avuto l’intento di guardare alla regione e di fare rete. Cerchiamo di valorizzare tutti i valori culturali che ci sono, e per noi anche la cucina lo è. Tutti coloro che hanno lavorato in questa rete, hanno promosso e prodotto eventi legati alla cucina”. Arte in Centro, che si concluderà il 28 settembre prossimo, guarda già alla prossima edizione. ”Come Fondazione, abbiamo l’obiettivo di lavorare soprattutto con i giovani perché costituiscono un terreno fertile. Il prossimo anno è nostra intenzione di lavorare fin da subito con le scuole, con una serie di incontri, per ottenere un risultato partecipato. Anche gli esempi migliori di arte contemporanea che abbiamo avuto, sono stati di durata limitata e non hanno ampliato il pubblico.
ReD coglie la sfida
Pronto a ripartire per una nuova stagione lo staff della scuola di cucina ReD, di S. Vito Chietino, che propone da oggi, 1 settembre, nuovi corsi per professionisti ed amatori.
“La partecipazione ad Arte in Centro” – ha affermtoa Gianfranco Nocilla, direttore di ReD, “ ci inorgoglisce perché non è da tutti cogliere questa sfida di conciliare la gastronomia con la geografia, la cultura, l’arte, in un momento in cui si abusa un po’ della cucina, soprattutto in tv. Darle, invece, quel valore legato al territorio di trasmissione della cultura, eleva sia la cucina stessa che ReD, perché è un riconoscimento alla qualità della nostra scuola ,che ci motiva molto nel percorso che abbiamo avviato verso la riscoperta delle tradizioni”.